Ricordando mons. Dell'Andrea
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Uno
dei più significativi contributi che la .Chiesa continua a dare alla Venezia
di terra e di mare è la sua presenza capillare sul territorio tra il
popolo.
A mano a mano
che prendo conoscenza della storia recente e dell'attuale situazione
del Patriarcato, emerge sempre più la figura del sacerdote come
perno
centrale di questa capillare presenza. Egli realizza di fatto intorno all’Eucarestia
domenicale un coagulo di popolo che, attraverso la naturale trama dei rapporti,
dà un contributo di primo ordine all'edificazione della comunità cristiana e
della società civile.
Senza
soluzione di continuità ogni battezzato viene così coinvolto in un rapporto di
comunione che gli consente di approfondire la bellezza della sua chiamata
cristiana, di spalancarsi alla vita familiare e all'educazione dei figli,
di imparare la ricchezza straordinaria della comunione cristiana e di offrire,
attraverso una responsabilità personale e sociale, il suo contributo all'edificazione
della vita del sestiere, del quartiere o del paese.
Leggendo
il libro che Maurizio Reberschak, con la collaborazione di don Lionello Dal
Molin e con Ermanno De Biasio, dedica alla singolare figura del sacerdote
Marcello Dell'Andrea, questo carattere tipico del clero veneziano emerge con
imponenza.
L'occasione
per proporre il profilo di questo umile sacerdote è il centenario della sua
nascita. Ma il risultato è il balzare in primo piano della figura di uno di
quei santi della "porta accanto", la cui testimonianza è così
decisiva per la
vita dell'uomo di oggi.
Il
percorso pastorale di mons. Marcello Dell’Andrea ruota intorno a due
significativi pilastri. La parrocchia e il carcere. Quanto a quest'ultimo, in un
tempo assai difficile don Marcello ha dovuto accompagnare in drammatica
condivisione gli ultimi momenti della libertà di uomini condannati alla pena
capitale. Vi ha imparato una condivisione umile e silenziosa del bisogno, di cui
non voleva mai parlare, se si fa eccezione per taluni testi che opportunamente
sono collocati alla fine del presente volume. Brilla
in essi, come in tutta l'attività di cappellano delle carceri, il realismo
della carità che sgorga dall'appassionato dono di sé a Gesù
Cristo.
Per
quanto riguarda il polo della parrocchia, dopo le primissime e assai ridotte
collaborazioni d'inizio del sacerdozio e dopo il servizio a San Giacometto e
all'annessa Arciconfraternita della Misericordia, esso ruota dapprima intorno
alla parrocchia dei Santi Gervasio e Protasio a Carpendo
dove egli fu cappellano, per poi concentrarsi in un lunghissimo
apostolato a San Simeone profeta in Venezia.
Le ampie testimonianze raccolte da Reberschak potranno dire in dettaglio della figura del pastore, della sua sensibilità all'umano concepito in tutta la sua interezza.
A
me basta rendere testimonianza ad un altro umile e grande sacerdote che, nella
comunione dei santi, continua ad arricchire il nostro presbiterio per il bene di
tutti i veneziani.
Angelo
card. Scola patriarca
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