IL GAZZETTINO - Domenica, 4 Marzo 2007

 

Per anni in banca ho visto troppi "finti poveri”

Sono veneziano di nascita e da sempre residente in questa meravigliosa città; tra i diversi impegni passati ho diretto, per alcuni anni, una grande banca nel centro storico, con talune esperienze che ritengo non sempre positive e che di seguito annoto.

In quel particolare lavoro ho potuto periodicamente verificare, sulla base della documentazione ufficiale fornita dai clienti, l'entità dei loro redditi dichiarati ed il loro patrimonio censito nonchè, ovviamente, il più ampio contesto delle disponibilità possedute dal coniuge e dai figli.

Pur dovendo allora rigidamente sottostare al ben noto segreto bancario, che di fatto salvaguarda la conoscenza ai terzi delle proprietà possedute e comporta ovvi benefici in termini fiscali, verificavo sempre da questi atti un loro contenuto margine di reddito ed una inequivocabile inconsistenza contributiva, con conti patrimoniali spesso insignificanti e solo in taluni casi assunti per eredità, peraltro con finanza e patrimoni molto interessanti in ambito familiare e prevalenti capitalizzazioni dalla sola attività del cliente, con "emblematici" trasferimenti contabili ai familiari tutti non tangibili fiscalmente.

Potrei oggi sottoscrivere che gli accertamenti sul più importante portafoglio clienti rappresentava allora un 80\% di veri "poveracci", siano essi stati liberi professionisti, albergatori, ristoratori, commercianti diversi, gondolieri, tassisti, e quanti altri potrei ancora ricordare, tutti non tangibili su redditi personali insufficienti, anche se notoriamente abbienti per consistenti disponibilità solo accertabili da una evidenza bancaria.

Taluni di questi, associati in cooperative o in organizzazioni settoriali, si dice abbiano anche concordato preventivamente con il richiedente d'imposta, redditi tassabili molto lontani dagli incassi effettivamente percepiti. Sembrava altresì che buona parte di questi operatori economici disdegnasse il regolamento delle loro prestazioni con assegni, carte di credito, bonifici bancari o altri regolamenti facilmente documentabili, preferendo altresì, come unica esazione, il contante.

Richiedevano in quel periodo, e con cadenze periodiche stabilite, consistenti finanziamenti bancari, adducendo finalità per un migliore andamento del proprio lavoro, per l'acquisto di una nuova automobile o barca per l'attività svolta, per cultura nel dover sostenere costi di viaggio, per sè e ovviamente per la propria famiglia, per investire il debito richiesto su immobili che risultavano in breve tempo acquisti favorevoli a nome dei parenti stretti, e quante altre finalità potrei ricordare, assumendo peraltro tutti gli oneri del rimborso come costi professionali e, quindi, con finalità che diminuivano le rendite tassabili; la banca, per concedere tali finanziamenti, richiedeva requisiti formali strettamente relazionati alla fiscalità denunciata e ad un patrimonio complessivo capiente, condizioni non sempre soddisfatte, ma che potevano peraltro essere superate da collaterali garanzie di terzi e da una ben conosciuta relazione bancaria, il tutto che sosteneva adeguatamente il debito e assecondava con più gestibili modalità una favorevole accoglienza della richiesta.

Ho chiari ricordi di alcuni nominativi, tra i più con un livello culturale elementare, che lavoravano in passato quali "intromettitori di piazza", commessi di bottega o d'albergo, camerieri, addetti alla pulizia dei taxi, e che ora invece beneficiano della proprietà di ristoranti, bar, alberghi, negozi, titolari di licenza di taxi, gondolieri o dipendenti del Casinò; e di quanti altri potrei ancora parlare.

Non si trattava, il più delle volte, di una fortunata opportunità, di una maturata esperienza di lavoro o di una provata managerialità di incarico, ma solo l'effetto di un collateralismo politico, sindacale, di puro opportunismo clientelare o di condizioni familiari spesso intromesse nella realtà veneziana.

Non ritengo affatto contestare gli incassi da questi percepiti, ma certamente non posso condividere che queste favorevoli situazioni economiche possano, viceversa, essere ampiamente salvaguardate dalla disattenzione degli organismi preposti, i quali, pur delegati a queste finalità, operano in altre direzioni e trascurano condizioni numerose e oramai troppo significative; alcuni giustificano questa incompetenza con il fatto che molti di questi lavoratori non risiedono a Venezia, ma in provincia o, peggio, per altre scelte non appropriate.

In passato si discuteva, attraverso pubbliche note, o negli abituali discorsi, di una importante realtà di "lavoro abusivo", problema allora non condiviso, ma che ora non rappresenta più alcuna incongruenza, per il semplice fatto che una parte cospicua di quanti sopracitati ne interpreta appieno il ruolo e gode di tutte le finalità connesse, salvaguarda così i redditi personali da oneri e tasse, appare poco abbiente in termini economici, più facilmente accessibile all'assistenza pubblica, con assegnazione di abitazioni previdenziali o con beneficio di finanziamenti agevolati per l'acquisto di case, o altro.

Sull'argomentazione trattata sarebbe opportuno che l'attuale sindaco, professor Cacciari, contribuisse, con una circostanziata risposta, a relazionarci se sono previste, almeno nei programmi concordati, circostanziate azioni, affinché tutti i cittadini soddisfino obbligatoriamente agli impegni sui redditi percepiti.

Senza un Suo commento, tutti coloro che appartengono al "reddito fisso" potrebbero già provocatoriamente pensare ad una esenzione preventiva degli oneri fiscali corrisposti e, come peraltro già in passato con scadenze previste, dichiarare le proprie entrate, ovviamente al netto delle spese e dei costi personali avuti, per una conseguente corresponsione fiscale; annoto, per opportuna necessità informativa, che una parte di tali redditi viene oggi tassata fino al 50\%, cosa che difficilmente compete a gran parte di "altri" lavoratori veneziani.

Ora in questo nostro Bel Paese, ed anche su ripetute dichiarazioni dei maggiori professionisti politici nazionali, le migliori qualità di ciascuno di noi, siano esse bellezza, intelletto, presenza e quant'altro, sono solamente dettate dalla consistenza finanziaria raggiunta, dalle proprietà possedute, da una posizione sociale, spesso non meritoria, o da atteggiamenti consenzienti od ossequiosi al potente di turno, non più privilegiata dalla genialità intellettuale, dalla competente professionalità raggiunta, da più qualitativi, e non spendibili, ideali politici, da una tangibile disponibilità verso gli altri, da un indissolubile coinvolgimento ambientale, da una più rigorosa moralità di vita ecc. ecc. Se non cambiamo le aspettative, il futuro potrà essere rappresentato solo dall'essere, ad esempio, un gondoliere o un albergatore, privi di attenzione per gli altri e considerando unico valore la consistenza bancaria, le proprietà e i redditi percepiti; diventeremo così una sola comunità di idraulici, commercianti, artigiani in genere, tassisti, impiegati del Casinò, ecc. ecc., senza scrittori, medici, musicisti, pittori, valenti attori.

Il "reddito fisso" si vedrà quindi costretto alla costituzione di un partito apolitico, con il fine di preservare quanto posseduto e tutelare ogni introito percepito, con valori di estremo egoismo e con finalità del tutto asociali? Ciò non è assolutamente condivisibile, perché da sempre abbiamo ritenuto che il pagamento non corrisposto delle tasse sia un delitto ed una grave offesa, perché non solo assicura all'evasore una maggiore ed impropria disponibilità, ma lo beneficia pubblicamente, penalizzando la restante collettività che ha sempre ossequiato la legge.

Si può concludere che in un'inimitabile città come Venezia, le regole scritte non vengono affatto soddisfatte, la morale è ampiamente disattesa e la vita appare del tutto capovolta rispetto ad una più corretta qualità morale; è lecito immaginare che vi sarà, prima o poi, una forte contrapposizione tra la qualità dei "ricchi" evasori e dei "poveri" contribuenti, con esiti gravi e socialmente devastanti.

Roberto

Venezia