Il
Gazzettino 5 ottobre 2007
Il fallimento della politica meridionalista
di Ulderico Bernardi
Poveri, governo strabico! Sarà che i veneti, e per estensione
friulani, trentini, giuliani, insomma il famoso o famigerato Nordest, per
qualche ministro sono costituzionalmente antistatalisti (e per altri aspiranti
capi incapaci di integrazione), ma qualche ragione di avercela con tutto quanto
va sotto la metafora di "palazzo" sussiste.
Stereotipo
per stereotipo, si continua a gridare dagli al ricco, spremendo le categorie
che hanno saputo rovesciare le condizioni di povertà d'altri tempi. Caricando
artigiani, coltivatori diretti e piccoli imprenditori dello stigma di evasori
fiscali; negando l'esistenza di una "questione settentrionale", che
poi vuol dire carenza di servizi pubblici, disattenzione colpevole per i
fattori dello sviluppo, ma anche generalizzazione e banalizzazione riguardo
alle vere situazioni esistenziali nelle nostre province. Col risultato
che, senza fermare il degrado del Mezzogiorno, stanno compromettendo anche le
laboriose conquiste del Settentrione.
Interviene
a confermarlo il Rapporto dell'istituto centrale di statistica, fresco di
stampa. Dove si rileva che, nell'elaborazione del dato relativo alla povertà
delle famiglie italiane l'indigenza non cala al Sud e mentre sembra crescere al
Nord. Un
campanello d'allarme che avverte lugubremente di uno stato di difficoltà
pesante. Associabile con le famiglie numerose, più frequenti nella parte
meridionale del Paese, e alla stremata condizione vitale di troppi anziani, e
spesso soli, nel settentrione.
Eppure,
basterebbe che tanti ministri e deputati interrogassero i volontari della Caritas,
o di altre organizzazioni spontanee che hanno come finalità il sostegno ai più
bisognosi, per conoscere una condizione umana che spesso si cela per pudore,
senza nemmeno bussare alla porta dell'ente pubblico. Donne e uomini che
non ce la fanno proprio, e che dei fasti del Nordest "locomotiva"
economica non hanno conoscenza. Ma questo vorrebbe dire, una volta per tutte, riconoscere il
fallimento degli schemi di politica d'intervento meridionalista seguiti da
decenni. Senza esito.
Poi ci
si domanda il perché dell'antipolitica. Ma se in un malinteso senso di unità
nazionale si toglie e si dà senza valutare mai il ruolo dell'iniziativa
personale, senza stimare ed esaltare il merito di chi si fa carico ogni giorno
di produrre ricchezza per tutti, soddisfacendo le necessità della sua famiglia,
allora
si cade nell'inefficacia progettuale.
I dati
Istat danno la sveglia, e forse la realtà dei numeri è ancora inferiore alle
situazioni di bisogno reale. Altro che antipolitica! Il problema è la
rapacità di chi distorce a fini non produttivi le risorse prodotte dalle
comunità locali. Tra l'altro, qui a Nord impegnate in maniera pressante a guidare
processi di integrazione lunghi e costosi, per i quali occorrono grandi
quantità di denaro, se si vuole dare sicurezza e fiducia alle persone,
autoctone e immigrate. I poveri non hanno etnia, sono solo degli esseri umani in
grandi difficoltà. Umiliati nei bisogni primari, che toccano le esigenze più
elementari: la casa, la luce, il riscaldamento, il pane e companatico. Possono sembrare
cose d'altri tempi, che si ritenevano (a torto) cancellate dall'orizzonte di
queste regioni.
Che non
fosse così era noto da tempo, a quanti seguono con partecipazione il vivere
quotidiano nelle città e nei paesi. La povertà, anche se non ha più il volto
grifagno della più nera miseria, se le cure mediche sono comunque assicurate,
se non si muore di pellagra o di colera, è ben presente e accompagna la
crescita della speranza media di vita. Il numero dei vecchi cresce, specie le
donne. I pensionati che tribolano sulla soglia dell'indigenza sono legione. La
solidarietà sociale assume le molte forme del volontariato altruistico, ma
queste organizzazioni sono sempre con l'acqua alla gola. Dal Sud si è ripreso
fortemente a emigrare. Centinaia di migliaia di giovani lasciano la Sicilia, la
Campania, la Calabria, la Puglia diretti in Germania o nel Nord. Ma qui la
situazione si è fatta difficile anche per molti locali.
Ridare
fiato e slancio alle autonomie locali dovrebbe essere un imperativo categorico,
per sollecitare quanto più è possibile alla creazione di nuovi posti di lavoro,
premiando l'iniziativa soccorrevole di quanti avvertono la solidarietà umana
come un dovere dell'anima. Mentre invece, tanto per dirne una, si guarda con disprezzo
giacobino alla Chiesa, che nella capillarità delle sue parrocchie agisce da
volano dell'aiuto reciproco. L'erosione continua dell'idea di bene comune ha per
conseguenza l'impoverimento dei più deboli. Ovunque. Ma l'Italia ufficiale
sembra non intenderla così. Mentre lamenta la ipotizzata diminuzione del numero
dei seggi nel Parlamento europeo, tralascia il fatto che i nostri eurodeputati
sono i più pagati dell'Unione. Dove il nostro Paese ha i più alti livelli di
disuguaglianza. Perché?
Ulderico
Bernardi