Il GAZZETTINO Mercoledì, 17 Maggio 2006 |
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L’HONOREM DELL’UNIVERSITÀ DI UDINE |
Kapuscinski laureato: «La sfida di oggi è l'incontro con l'Altro» |
Udine NOSTRO SERVIZIO Su quella «strada molto rara»
che ha portato lui, «ragazzo scalzo di Pinsk», a diventare uno dei più grandi
reporter al mondo, il giornalista polacco Ryszard Kapuscinski ha
incontrato anche Udine. Ed è stato subito «amore a prima vista», come lo ha
definito lo stesso scrittore. Un amore corrisposto con entusiasmo, visto che
dopo la laurea honoris causa che ieri gli è stata conferita dall'ateneo
friulano, adesso Udine pensa addirittura di nominarlo cittadino onorario.
L'idea è venuta a Paolo Cerutti e Marco Pacini, organizzatori di
"vicino/lontano", che ora lanceranno ufficialmente la proposta al
Comune di Udine. E c'è da scommettere che Kapuscinski accetterà la cittadinanza onorifica con la stessa
«soddisfazione e orgoglio» con cui ieri ha ricevuto dal rettore Furio Honsell
la laurea in "Traduzione e mediazione culturale. Lingue dell'Europa
centrale e orientale", visto che per lui c'è un solo aggettivo per
definire Udine: «Miracolosa». «Sono innamorato di Udine fin dalla prima volta
che l'ho vista. Nel dicembre del 2004, quando sono venuto con il poeta
Jaroslaw Mikolajewski (che lo accompagnava anche ieri, in qualità di
consigliere culturale dell'Ambasciata polacca a Roma ndr) per presentare il
mio libro ("Taccuino d'appunti", pubblicato in anteprima mondiale
dalla casa editrice universitaria udinese Forum ndr), è stata un'esperienza
splendida». In tempi in cui i media hanno
la «pessima» abitudine di «fare di tutto, anche della guerra, uno spettacolo,
con una tendenza che potremmo definire "divertiamoci fino alla
morte"», ai giovani giornalisti Kapuscinski dà un unico consiglio: «Trattare la loro professione
seriamente. E aiutare la comprensione umana». Perché questa, l'ha ricordato
Mikolajewski, è «la strada molto rara» intrapresa molti anni fa dal ragazzo
che all'età in cui Joyce scriveva il suo epistolario, a Pinsk faceva la
guardia alle mucche e non aveva i soldi per comprarsi gli zoccoli e che poi,
raccontando il mondo degli uomini, è diventato un maestro del pensiero e
della scrittura che, come ha detto Honsell, «ci ha insegnato a capire la complessità
del mondo». La strada di chi, scrivendo, «sa stupirsi e stupire» - come ha
sottolineato il professor Luigi Reitani nella laudatio - mettendo al centro
dei suoi libri un unico eroe: «L'altro, lo straniero a noi ignoto». E «l'altro» è stato anche al centro
della "lectio" di Kapuscinski . «Ogni volta che l'uomo ha incontrato l'Altro si è trovato di
fronte a tre possibilità: poteva scegliere la guerra, circondarsi con un
muro, instaurare un dialogo». Se l'uomo «ha sempre esitato» nella scelta fra
le tre opzioni, il reporter non ha alcun dubbio. Non la guerra perché «è la
sconfitta dell'essere umano», non l'apartheid che mette steccati fra un
"noi" «uomini» e un "loro" «semiuomini o non affatto
uomini», ma la curiosità dell'Altro. «Porte e torri non servono solo per
chiudersi all'incontro con l'Altro: possono anche aprirsi a lui, invitarlo ed
ospitarlo». Perché nel «pianeta della Grande Opportunità», secondo il
reporter, «la vera sfida del nostro tempo è l'incontro con un nuovo Altro».
Saremo capaci, si chiede lo scrittore, di comprenderci con la convinzione
che, come diceva Conrad, «la solidarietà accomuna le solitudini degli
innumerevoli cuori umani»? Kapuscinski non ci ha consegnato risposte. Solo un punto di domanda
pieno di speranza. Camilla
De Mori |
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LA TESTIMONIANZA |
«Rispetto per l'Altro» |
(cdm) «L'unico consiglio che posso dare ai giovani che vogliono
diventare giornalisti è quello di trattare la loro professione seriamente. E
di aiutare la comprensione umana». Quella comprensione dell'altro che Ryszard
Kapuscinski ha messo anche
al centro della sua "lectio" da neodottore magistrale
dell'Università di Udine. «Ogni volta che l'uomo ha incontrato l'Altro si è
trovato di fronte a tre possibilità: poteva scegliere la guerra, circondarsi
con un muro, instaurare un dialogo». Se l'uomo «ha sempre esitato» nello
scegliere una delle tre opzioni, Kapuscinski , invece, non
ha dubbi. Non la guerra perché «è la sconfitta dell'essere umano», non
l'apartheid, ma la curiosità e il rispetto dell'Altro che c'era all'epoca
delle credenze antropomorfiche quando il forestiero poteva essere «un dio
somigliante all'uomo». «Porte e torri - è il messaggio di Kapuscinski - non servono
solo a chiudersi all'incontro con l'altro: possono anche aprirsi a lui. La
strada non deve necessariamente servire alle colonne ostili, ma può anche
essere la via lungo la quale giunge a noi un dio vestito da pellegrino».
Perché «la vera sfida del nostro tempo è l'incontro con un nuovo Altro».
Saremo capaci, si chiede lo scrittore, di comprenderci con la convinzione che
«la solidarietà accomuna le solitudini degli innumerevoli cuori umani»? Kapuscinski non ci ha
consegnato risposte. Solo un punto di domanda pieno di speranza. |