E MI ME NE SO ‘NDAO (Peregrinazioni lagunari)                                         Torna indietro

di Sergio Piovesan

Non sono molti i canti popolari arrivati fino a noi e provenienti dall'area veneziana. Infatti a Venezia, dove la classe dominante ha imposto anche al popolo la propria cultura, vi è stata, soprattutto negli ultimi secoli della Repubblica di San Marco, una preponderanza della musica "dotta" o di autore sulla musica popolare.

Non mancavano le stamperie dove poter riprodurre gli spartiti che poi invadevano l'Italia e l'Europa, tanto che in altre regioni ritroviamo ancor oggi canzoni, scritte a Venezia da autori noti, riprese e modificate, soprattutto nel testo e nel dialetto, da altre popolazioni.

A Venezia, invece, vuoi per la particolarità del luogo, vuoi per il contatto continuo che il popolo, o meglio alcune categorie dello stesso, aveva con altre forme di cultura, i canti cosiddetti popolari non trovarono terreno fertile e quindi non si radicarono, non furono tramandati e di conseguenza caddero nel dimenticatoio.

Non così invece accadde nell'immediata periferia, nel vicino estuario, sulle isole che circondano Venezia e sulla gronda lagunare. Per questo motivo oggi alcuni canti lagunari vengono fatti passare per canti veneziani, come il caso appunto di "E mi me ne so 'ndao" che si conosce anche col secondo titolo di "Peregrinazioni lagunarie" e la cui origine risale al XVII secolo.

E` questo un canto di una polivocalità particolare comune all'area adriatica, nel tratto che va dall'Abruzzo all'Istria, dove viene chiamato rispettivamente "canto a vatoccu" (vatoccu sarebbe il batacchio della campana) e "canto a la longa" (canto da lontano). Le due definizioni individuano bene la caratteristica del canto che è appunto una "botta e risposta" in quanto ad una strofa cantata da un barcaiolo, risponde, magari in lontananza, un altro barcaiolo, dalla barca o dalla riva.

Era questo un tipico modo di cantare del popolo della laguna e di Venezia, o meglio, più che di canti si trattava di cantilene, magari su testi famosi quali le strofe de "La Gerusalemme Liberata", come riporta Elio Zorzi nel libro "Osterie Veneziane", Filippi Editore 1967.

La riscoperta di questo canto e la sua popolarità in Venezia sono dovute ad una studiosa di canto popolare veneziano, Luisa Ronchini, bergamasca trapiantata in laguna, nel 1965. La sua prima divulgazione in campo nazionale fu nel 1970 quando la RAI presentò un documentario sui "Tiepolo" dei quali in quell'anno furono allestite mostre favolose nella Villa Manin di Passariano (Ud) e, per l'incisione, a Udine. Il canto in questione era la sigla iniziale del documentario che si apriva con la visione di un sandalo (barca tipica) che, scivolando sulle piatte acque della laguna, attraversando i posti più suggestivi, arrivava a Venezia ed in questo suo peregrinare la barca era immersa in una luce particolare, quella luce che proprio i Tiepolo, ma prima di loro anche altri pittori veneziani, che noi oggi chiamiamo vedutisti, seppero rappresentare così bene nelle loro opere d'arte.

E la particolare melodia di "E mi me ne so 'ndao" suggerisce agli ascoltatori, magari con un po' di fantasia, proprio l'idea di quella particolare luce, difficile da descrivere e che si può ammirare, e della quale si può anche godere, trovandosi immersi negli spazi che sembrano infiniti della laguna.

Pochi anni dopo il Coro Marmolada rielaborò con molta semplicità la melodia caratterizzandola con una voce solista baritonale, non triste, ma velatamente malinconica e nostalgica, sostenuta da un accompagnamento muto del coro.

A volte, al posto di una sola voce, le strofe vengono eseguite in alternanza da due solisti, ambedue baritoni ma con timbro diverso, ritornando così al canto una delle sue caratteristiche antiche.

Il testo è un itinerario nostalgico-romantico attraverso la laguna veneziana e tocca luoghi facilmente individuabili ed altri meno. Quella che segue è una traduzione libera con la precisazione dei luoghi.

"E io me ne sono andato dove facevano i bicchieri (Murano), giocando (o suonando) la spinetta ed altri giochi. (La spinetta potrebbe essere un gioco oppure lo strumento musicale). Ho delle focacce di quelle di Marghera; ho camminato per terra fino a Fusina (località sulla gronda lagunare dopo Marghera dove sfociava il Brenta). Passando dal trasto alla sentina, su una barca da caccia (in veneziano "sciopon" da schioppo), andavo di gran carriera alla Giudecca. Ho percorso la secca (parti di laguna in secco durante la bassa marea) e tutta la pescheria (Rialto); ho volto la poppa all'indietro verso i due castelli (zone fortificate a difesa dell'ingresso del porto di Lido, forse corrispondenti all'attuale Forte di S.Andrea e ad un altro nella prospiciente zona di San Nicolò di Lido). Ho visto l'orto degli Ebrei (il cimitero Israelitico al Lido) con tutta l'isola delle Vignole (di fronte al Lido), e dalle Vignole sono tornato indietro. Ho camminato per tutto ed ho incontrato un buranello (abitante dell'isola di Burano nella Laguna Nord) che aveva un bel cestello e me l'ha mostrato. Ed io me ne sono andato dove facevano le scodelle (?), suonando la spinetta alle donne belle".