I pozzi e le vere da pozzo a Venezia                                               Torna alla pagina iniziale

 

Un elemento che non può essere disgiunto dai campi, campielli e corti veneziani, e che era parte integrante della vita che si svolgeva nella città, fino alla costruzione del primo acquedotto (fine ‘800), era il pozzo.  

VERA DA POZZO è un termine tipicamente veneziano; con esso si definisce la costruzione lapidea sovrapposta alla canna del pozzo ed a protezione della sua apertura. All’inizio fu un elemento semplicissimo con funzioni di sola sicurezza e, col passare del tempo, divenne un ricco e pittoresco ornamento di piazze e cortili.

Il pozzo veneziano era un impianto abbastanza complesso e costoso, una vera e propria cisterna sotterranea di acqua potabile.

L’acqua era quella pluviale che veniva filtrata dalla massa di sabbia posta in un bacino impermeabile, reso così artificialmente da uno strato di argilla, le cosiddette "cree", che si estendeva per tutta la superficie di un campo o di una corte; era quindi raccolta attraverso la canna centrale in muratura formata da speciali mattoni detti appunto “pozzali”. 

A Venezia si ebbe un numero più che notevole di pozzi e ciò ai fini di sopperire al bisogno di acqua potabile per una città che, pur essendo circondata e penetrata dalle acque, «è in aqua et non ha aqua» (M. Sanudo ).

La vera, che con termine architettonico si dice puteale, nel corso dei secoli venne acquistando forme d'arte sempre più elaborate e complesse. Modeste o sfarzose, sopraelevate di uno o più gradini rispetto al piano stradale (qualche volta con vaschette alla base per la sete dei cani e dei piccioni), assumono il carattere di piccoli monumenti a forma cubica,  circolare, poligonale; hanno forma di capitello, si arricchiscono anche di sostegni marmorei o metallici sui quali applicare la carrucola per farvi scorrere la corda del secchio. Variatissima e fantasiosa la decorazione a rilievo: piante, festoni di frutta e di fiori, fogliami arricciati, putti, angioli reggiscudo, pavoni affrontati, teste leonine, motivi allegorici, iscrizioni morali. Il pozzo privato reca sovente l'arma della famiglia patrizia che lo ha commissionato (di tali stemmi non risulta esservi esempio prima del secolo XIII"); i pozzi pubblici recano lo stemma del magistrato edile,  ma anche il nome (od i nomi se più d'uno), che ne ordinò la costruzione, o l'effigie della Giustizia, alghe, tridenti, delfini e motivi analoghi messi a simbolo della repubblica dominatrice dei mari.

Problema di vitale importanza, quello dell'acqua, per i veneziani, che fin dalle origini si diedero alla costruzione di rudimentali cisterne sotterranee (impropriamente chiamate «pozzi») costituite da un semplice scavo con canna murata per la raccolta, la depurazione e la conservazione delle acque piovane o di quelle dolci prelevate dai fiumi Brenta e Sile, poi trasportate a Venezia con burchi per essere versate nei cosiddetti pozzi. Una corporazione, istituita nel 1386 e detta appunto “degli acquaioli” era incaricata di questo servizio pubblico; essa era sotto la giurisdizione del “Magistrato della Sanità” e del “Collegio della Milizia da Mar” (Tassini). 

Il pozzo veneziano è un vero e proprio impianto di utilità pubblica e, ovviamente, di prima necessità.

La “vera da pozzo” che, sopraelevata di uno o più gradini, si ammira in mezzo ai campi e che è spesso vera opera d’arte, non è che la parte terminale e più appariscente di un’opera ben più complessa e laboriosa che si trova sotto il livello del selciato pedonabile. Il pozzo infatti, come si è visto sopra, non è il risultato di una trivellazione per raggiungere una falda freatica del sottosuolo; solo al Lido, a S. Nicolò, vi è stato anticamente un caso del genere; il pozzo veneziano è invece una vera e propria cisterna sotterranea per la raccolta, la depurazione, e la conservazione dell’acqua piovana.       

Come si è visto l’acqua piovana viene raccolta dando le opportune pendenze alla pavimentazione del campo; talvolta però, per ricavare meglio l’impluvium o limitare la profondità dello scavo, ma anche per evitare l'ingresso di acqua salata a seguito di alte maree ( "acque alte"), il piano del campo viene rialzato in parte, come per i due pozzi di Campo S. Angelo, o del tutto, come per il pozzo in Piazzetta dei Leoncini o quello davanti alla chiesa di S. Trovaso.

Dalla descrizione che abbiamo dato, si comprende come la costruzione di un pozzo sia sempre stata una opera piuttosto impegnativa; notevole infatti è l’entità delle masse di materiale spostato, e per di più sotto il livello dell’acqua della laguna, per cui erano necessari casseri e palancolate di protezione; necessitava poi una particolare accuratezza di esecuzione e completa conoscenza della situazione del luogo, onde non turbare gli equilibri statici, talvolta delicati, delle costruzioni circostanti. Anche sotto l’aspetto economico l’onere dell’opera non era certo indifferente.

D’altra parte l’approvvigionamento dell’acqua potabile per una città come Venezia, isolata ed esposta in mezzo alle lagune, è stato sempre un problema importantissimo, sia per il benessere alimentare sia per l’aspetto strategico e politico.

Ciò spiega perché il Governo della Repubblica ha sempre in tutti i modi incoraggiato la costruzione e la manutenzione dei pozzi. 

Data la necessità che i pozzi fossero sempre in ordine, soprattutto dal punto di vista sanitario, la Repubblica aveva assicurato un'assidua sorveglianza (oltre ai fanti dei Provveditori alle Acque, Sanità e Comun) dovevano esplicare i controlli anche i parroci e i capicontrada ai quali era affidata la custodia delle chiavi delle cisterne, che si aprivano due volte il giorno: mattino e sera, al suono della «campana dei pozzi».

Per quanto i cortili interni dei palazzi e anche di costruzioni non proprio lussuose, fossero spesso forniti di un pozzo privato, era titolo di benemerenza per il cittadino abbiente o per la famiglia con possibilità economiche, offrire un pozzo alla Città. Stemmi nobiliari e scritte commemorative sono spesso scolpite sulle vere dei pozzi, in segno di riconoscenza e a ricordo dell’impianto pubblico eseguito. La ricchezza privata dei veneziani trovava anche così il modo di essere posta al servizio della comunità, non per paternalistica elargizione alle classi più povere, ma per cosciente e calcolata necessità pratica.  

 

 

 

Links ad altri siti che trattano lo stesso argomento:

http://www.provincia.venezia.it/archeove/pubblic/arcve1295/arcve1295.html 

http://digilander.libero.it/venexian/ita/acqua.htm

 

 

Album fotografico

 

I pozzi veneziani sono, attualmente,  circa 600 e  non sono in uso. Secondo una statistica dell'Ufficio tecnico comunale, redatta il l° dicembre 1858, a quel tempo erano presenti, invece, nella sola Venezia, 6.046 pozzi privati e 180 pubblici, oltre 556 già interrati.  Rimangono oggi visibili solo una parte delle vere da pozzo, cioè l’anello esterno, quasi sempre in pietra d’Istria, che sovrasta la “canna”, ed i tombini che servivano ad alimentarlo. Soprattutto in questi ultimi decenni molte vere da pozzo sono “sparite”. Una ricca serie di vere da pozzo, in particolare del IX. e X. secolo, si trova al Museo archeologico e al Museo di storia naturale di Venezia.

Le fotografie da me raccolte sono relative ad una minima parte delle vere esistenti e, pertanto, invito chiunque sia in possesso di altre immagini a fornirmele in modo che possa caricarle su questo sito.

Potrete inviarle a ½ e-mail al seguente indirizzo:

 

sergioATpiovesanPUNTOnet

 

Qualora lo desideriate verrà indicato l’autore della foto.

 

Da alcune foto si invia ad immagini dello stesso luogo di fine '800 o di inizi '900 ed anche a riproduzioni di stampe antiche. 

 

Ad ogni immagine troverete indicata anche una breve spiegazione della toponomastica relativa al luogo in cui  la vera si trova.

 

Tutte le immagini, suddivise per sestiere le trovate sull'ALBUM FOTOGRAFICO 

 

Dopo aver appreso lo scibile sulle vere da pozzo, e dopo aver visto tante foto, godetevi un antico canto della laguna veneziana: 

E mi me ne so'ndao 

nell'interpretazione del Coro Marmolada di Venezia